CIVES Benevento: intervista Prof. Paolo Rizzi
23 lunedì Gen 2012
Posted Associazioni, Chiesa, sviluppo
in23 lunedì Gen 2012
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in23 lunedì Gen 2012
Il quarto incontro di “CIVES – Laboratorio di Formazione al Bene Comune” è stato dedicato all’Evoluzione delle politiche per lo sviluppo territoriale. Esso segna una tappa importante del percorso formativo che, come ha sottolineato Ettore Rossi – direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della Diocesi di Benevento – segna il passaggio dal tema “politica” legata maggiormente ad aspetti di carattere fondamentale (le prospettive della democrazia, la rappresentanza del sistema partitico, il rapporto tra Chiesa e democrazia) ad una riflessione mirata sulle “politiche” come strumenti e risorse per costruire il bene comune.
Appassionato e appassionante l’ intervento del prof. Paolo Rizzi (Docente di Economia applicata presso la Facoltà di Economia dell’ Università Cattolica di Piacenza), il quale ha tracciato il cammino dello sviluppo socio-economico nazionale (e non solo) degli ultimi cinquant’anni, individuandone proprio in quegli anni di “boom economico” la tappa iniziale: << Sono gli anni dell’intervento pubblico nell’ economia: lo sviluppo avviene con la “mano pubblica”. A livello territoriale questo conduceva ad uno sviluppo, attraverso l’industrializzazione, in una logica di economia di scala>>.
Inevitabile, dopo il passaggio durante gli anni 70 dalla grande impresa al decentramento produttivo, non localizzare nel corso degli anni ‘80 un nuovo modo di intendere il mercato, tanto importante da avere ricadute anche sulla nostra attuale crisi socio-finanziaria: << Sono gli anni del liberismo, della deregolamentazione e della privatizzazione >> ha dichiarato il docente. << La “mano pubblica” viene ridotta per motivi concettuali, poiché i vari Reagan, Thatcher, ritengono sia contro gli interessi dell’ individuo. Pertanto la soluzione migliore è lasciare libero il mercato >>.
Di seguito all’ imposizione del modello capitalista occidentale, alla costituzione di multinazionali “tascabili” e alle privatizzazioni, quello che emerge è uno sviluppo “endogeno”, dal basso, dagli imprenditori del territorio, non dal governo.
Saranno i controversi anni ‘90, con Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica, a chiedere il conto di quella incondizionata deregolamentazione: << Si arriva ad una personalizzazione della politica, che da una parte condurrà all’ elezione diretta dei sindaci, ma dall’ altra sarà l’ avvio alla deriva dei giorni nostri, dove i partiti vengono identificati nell’immagine del loro leader. Riguardo l’ economia, arriva l’ondata del liberismo sfrenato e la conseguente fine della Cassa del Mezzogiorno>>.
L’analisi del prof. Rizzi si è inevitabilmente soffermata sulla ricaduta di questi eventi nazionali sul territorio: << Si apre la stagione dei “patti territoriali”, una nuova programmazione economica nella quale i soggetti legati al territorio insieme condividono una progettualità. Passiamo dalla contrapposizione sviluppo esogeno (nel quale è lo Stato che investe) – sviluppo endogeno ad un loro superamento, alla loro integrazione: abbiamo bisogno allo stesso modo di imprenditoria locale ma anche di interventi esterni >>.
Ultima tappa del ragionamento è stato un necessario passaggio sul nostro decennio appena trascorso, che se da una parte ci ha posto nell’ attuale crisi finanziaria internazionale nella quale siamo coinvolti, alla dissociazione imprese – territorio e alla delocalizzazione produttiva di queste, ad una sfiducia per la politica, dall’ altra ci pone davanti all’ avvento delle economie emergenti, a una nuova domanda di democrazia partecipata.
Dopo il dibattito (come di consueto, acceso e partecipato) è stata l’ analisi dei dati riguardo la qualità della vita della nostra città (secondo la ricerca de “Il sole 24 Ore) a stimolare un ulteriore momento di riflessione, alla luce delle parole-chiave offerte dal prof. Rizzi per un possibile sviluppo del territoriale: << Diventa fondamentale il Capitale Sociale, come inteso da Putnam, in quanto “insieme di quegli elementi dell’organizzazione sociale – come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l’efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l’azione coordinata degli individui”; il Capitale Collettivo in quanto insieme di scienziati, artisti, menager… è ormai accertato che quanti più creativi ci sono, più cresce la città; infine il Capitale Territoriale, con l’aspetto fisico-territoriale, le reti relazionali e di solidarietà, e quel “something in the air”, quell’ aria peculiare che caratterizza la città >>.
Preso atto del fallimento delle politiche degli ultimi anni che non hanno dato vita a veri processi di sviluppo, chissà se non possa essere proprio la convergenza e l’ uso sapiente di questi tre fattori a poter rappresentare la scintilla della crescita delle nostre città e a porci magari in una posizione statistica più favorevole riguardo la vivibilità locale.
02 giovedì Set 2010
Posted sviluppo
inTag
I nostri giovani meritano una seconda chance. I dati sfornati dall’Istat sull’occupazione in Italia ci hanno confermato in questi giorni come un giovane su quattro non lavori, il 26,8%. In termini assoluti dovrebbero corrispondere a più di 6oo mila unità, almeno secondo una recente stima della Confartigianato. Dai dati che si dispongono sui coetanei, che a differenza loro hanno trovato comunque lavoro, risulta che il 52% sia in possesso di un diploma di scuola superiore e il 4% di una laurea breve. Si può pensare che il profilo sia grosso modo lo stesso anche per gli inoccupati. Ergo, si tratta di giovani che hanno terminato il ciclo di studi ma evidentemente stanno pagando sulla loro pelle la sfasatura tra formazione e mondo del lavoro. Leggi l’intero articolo di Dario Di Vico (Corriere della Sera, 2 settembre 2010)
31 martedì Ago 2010
Posted Stati Uniti, sviluppo
in«L´ultimo censimento demografico – dice il sindaco di New York Michael Bloomberg – ha rivelato che almeno 40 milioni di americani vivono sotto la soglia della povertà, più del 13% della popolazione. Stremate dalla recessione, le nostre città devono affrontare la sfida più difficile da mezzo secolo in qua». Il suo allarme riecheggia da una costa all´altra degli Stati Uniti. Proprio mentre la domanda di servizi sociali è resa più acuta dalla crisi economica, le finanze pubbliche sono in uno stato disastroso. Da New York alla California si licenziano insegnanti, si chiudono ospedali, si eliminano linee del metrò e servizi di autobus. È impossibile aumentare ancora il deficit pubblico, che ha raggiunto il 10% del Pil: un record storico dalla seconda guerra mondiale. È impraticabile, per ragioni politiche, aumentare le tasse. In questa impasse si fa strada una ricetta nuova, che unisce due leader diversi come Barack Obama e Michael Bloomberg: il presidente progressista e l´ottavo uomo più ricco degli Stati Uniti. Leggi l’intero articolo di Federico Rampini (La Repubblica, 30 agosto 2010)
30 lunedì Ago 2010
Oscilla il pendolo della crisi verso l’uscita, la ripresa. Documentiamo come certosini ogni segno più dell’economia. In preda a profezie auto-avveranti, come se l’euforia del passato recente non avesse insegnato molto, nascondiamo sotto il tappeto i racconti sociali della crisi. Fatta eccezione delle sceneggiature degne della società dello spettacolo. Se i vulnerabili si fanno attori della marginalità sul tetto di una fabbrica o su un’isola per diventare “famosi” si accendono le luci della tv. I microcosmi vanno per sussurri territoriali. Sia per storie di imprese che per racconti della vulnerabilità sociale che non fa spettacolo. Perché spesso non ha rappresentanza nelle corporazioni del lavoro e dell’impresa che giustamente si sono fatte sentire per tutelare i loro interessi e i loro iscritti. Leggi l’intero articolo di Aldo Bonomi (Il Sole 24 Ore, 29 agosto 2010)
30 lunedì Ago 2010
Non è certo una sorpresa, ma inquieta ancor di più. L’Italia è tra i Paesi che investono meno risorse per la tutela della maternità e per la famiglia. Appena l’1,4 per cento del prodotto interno lordo nel 2009, certifica il ministero dell’Economia nella sua relazione sulla situazione economica del Paese. È un dato assai distante non solo dalle punte avanzate del 3,7% della Danimarca o del 3% della Svezia, ma perfino dalla media europea del 2,1%. Per capire meglio la dimensione del rapporto, da noi si spende a favore della famiglia la metà di quanto non avvenga in Francia o in Ger mania. E non in valore assoluto, ma in proporzione alla ricchezza prodotta in ciascun Paese. Da sole queste poche cifre che confermano un deficit storico, questo breve confronto internazionale che parla di un’Italia agli ultimi posti del Continente assieme a Spagna e Portogallo, dovrebbero bastare per rendersi conto che qualcosa non funziona, che esiste un problema oggettivo da affrontare. In maniera strutturale, in via prioritaria, perché gli interventi assunti negli ultimi anni sono stati troppo limitati. Leggi l’intero articolo di Francesco Riccardi (Avvenire 29 agosto 2010)
11 giovedì Mar 2010
Posted sviluppo
inMentre l’Italia è distratta dai vari pasticci pre-elettorali il resto del mondo si interroga sull’emergenza economica più drammatica di questi ultimi tempi: la disoccupazione, che non dà cenni di miglioramento nemmeno di fronte ai timidi segnali di ripresa. Ma soprattutto si sta accorgendo che esiste un’emergenza dentro l’emergenza: la disoccupazione giovanile, che ha raggiunto livelli più che doppi della disoccupazione complessiva ed è in continuo aumento.
Mentre nell’ultimo anno la disoccupazione complessiva in Europa è passata dall’8% al 10%, quella giovanile è balzata dal 16,6% al 21,4%. Un aumento di circa il 30% in media, con punte del 50-60% in paesi come la Spagna (+49%), la Grecia (+56%), e persino in un paese tradizionalmente virtuoso su questo fronte come la Danimarca (+49%, anche se il tasso assoluto in questo paese resta tra i più bassi in Europa). Leggi tutto l’articolo di Irene Tinagli (La Stampa, 11/03/2010)
10 mercoledì Mar 2010
Posted sviluppo
inSono sogni di normalità quelli di Alice e Matteo. Trovare un lavoro in linea con capacità e competenze. Avere presto culla e passeggino in giro per casa. E — domani — fare vivere i propri figli in un contesto sereno, sicuro, sano. «A Milano, la nostra città, tutto questo era difficile da realizzare— raccontano oggi i due ragazzi —. Abbiamo meditato per lunghi giorni, e notti, e ancora giorni. Poi abbiamo deciso di emigrare in Australia». Trentuno anni lui, trenta lei, sia Alice che Matteo si sono laureati a pieni voti nel 2004, rispettivamente in Lingue e in Linguaggio dei media. Leggi tutto l’articolo (Corriere della sera, 10/03/2010)
03 mercoledì Mar 2010
ANDATE nel reparto maternità di qualsiasi ospedale. Guardate due culle vicine. I due neonati sembrano uguali, ambedue sani, vispi, vitali. Ma voi siete già in grado di dire che quello a sinistra, da adulto, guadagnerà almeno il 20 per cento in più di quello a destra, 2.500 euro al mese, ad esempio, invece di 2 mila. Come fate a dirlo? Semplice, quello a sinistra è figlio di un ingegnere. Non che quello a destra sia figlio di un barbone. Suo padre, in fondo, è ragioniere. La distanza fra i due titoli di studio paterni non sembra un abisso: ma è sufficiente per prevedere, con buona approssimazione, i loro, futuri, rispettivi redditi. Del resto, il bambino ancora più a destra, da adulto, porterà a casa non più di 1.500 euro al mese: suo padre è un operaio, che non è andato al di là delle medie inferiori. Leggi l’intero articolo (“La repubblica 3/03/2010)
24 mercoledì Feb 2010
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